Intervista a Paolo Landolina, nuovo responsabile della scuola calcio

  • 29 Giugno 2021
  • News

A tu per tu con il nuovo responsabile della scuola calcio del Savio, Paolo Landolina. Linee guida, ambizioni, speranze e progetti per la stagione 2021-2022, una stagione determinante che segnerà il rilancio dell’intero movimento legato all’attività di base, che dopo mesi di chiusure e problematiche legate alla pandemia, dovrebbe finalmente tornare alla normalità.

 

Paolo Landolina, iniziamo col dire che il tuo è un ritorno al Savio…
“Sì, sono stato istruttore dei 2007 per un anno, poi ho fatto anche il responsabile tecnico dai 2007 ai 2010, nel periodo in cui il direttore era Eugenio Toti”.

 

Quali sono le tue sensazioni a riguardo per questa nuova avventura?
“Sono estremamente felice di essere ritornato in un ambiente in cui mi ero lasciato in un modo giusto e corretto. Ritorno in una società che è tra le prime quattro-cinque di Roma, per vittorie, per storia e per espressione calcistica, sia per quanto riguarda la scuola calcio che l’agonistica”.

 

Quali sono progetti e ambizioni per la nuova stagione?
“La prima cosa su cui punterei è un grandissimo senso di appartenenza, i ragazzi devono sapere che stanno giocando in una società gloriosa, ricca di una storia importante. Devono essere onorati e orgogliosi ad indossare quella maglia. Dobbiamo essere bravi noi attraverso la costruzione di una mentalità portata avanti dagli istruttori, diffondendo questo tipo di messaggio verso i ragazzi, che sono al centro del nostro progetto. Il nostro stile deve essere educativo, estremamente nobile dal punto di vista comportamentale, uno stile che ci contraddistingua in campo sia in allenamento ma anche durante le partite, nelle vittorie e nelle sconfitte. Puntiamo fortemente su uno stile che è di una società dilettantistica, ma che in effetti è proprio di una società professionistica, di una scuola calcio importante. Serve un clima che non sia fatto di strilli o isterie a livello di atteggiamenti, ma un clima che deve essere positivo, leale dal punto di vista sportivo, un clima che ci permetta di andare a migliorare tutti gli aspetti tecnico-tattici propri di questa età”.

 

 

A settembre si riparte, quanto è importante ritrovare la normalità e quanto è stato determinante il ruolo delle società sportive di fronte ad una catastrofe del genere?
“Il ruolo delle società sportive in generale è stato un ruolo decisivo, perché ha permesso ai ragazzi di non restare chiusi dentro casa a ridosso della playstation, anzi ha permesso loro di poter continuare a fare sport all’aria aperta. Diverse scuole calcio hanno dovuto offrire un servizio ridotto sotto il profilo degli allenamenti, noi invece siamo una di quelle società che è riuscita offrire un servizio importante, che è stato decisivo al superamento di una catastrofe umanitaria. A tutti è mancato il calcio, le partite, ma siamo comunque riusciti a garantire ai ragazzi la possibilità di stare sempre in campo. Ora si riparte più forti di prima. Abbiamo tantissima voglia di ripartire per rispetto nei confronti dei bambini, ma anche perché vogliamo approcciarci nel mondo del calcio con una scuola forte e importante, che viene costruita con i valori che dicevo prima e con la mentalità che devono avere i tecnici quando vanno in campo.”

 

In una scuola calcio del resto si entra bambini e si esce giocatori…
“A prescindere dal comportamento educativo il nostro obiettivo finale è costruire dei giocatori pensanti, giocatori che non necessariamente dovranno andare a fare il professionismo o il dilettantismo, ma che abbiano la capacità di scegliere nelle situazioni. Scegliere significa che loro hanno raggiunto un’autonomia pensante, che ha fatto sì che quel bambino non può essere più definito solo un giocatore ma un piccolo uomo, che ha sempre la possibilità di mettersi alla prova, scegliendo lui personalmente, non che qualcuno scelga per lui.”

 

 

Perché poi la scuola calcio non è solo l’insegnamento del gioco del pallone, ma è anche una scuola di vita in un certo senso…
“Esatto. Gli allenatori-istruttori più bravi sono quelli che riescono ad andare oltre i valori tecnici, che riescono a creare quel grado di empatia con la squadra, come se ci fosse una sorta di magia in campo tra loro e i bambini, dal momento in cui arrivano al campo di allenamento, quando riescono a liberarsi di tutte quelle ansie, quelle paure, e riescono ad essere liberi di esprimersi. Parallelamente io vorrei che questi… chiamiamoli giocatori, non più bambini, quando vanno in campo il sabato e la domenica ritrovino quella magia che possa dare una marcia in più, una spinta in più per andare a giocare una partita tutto cuore. A me piacerebbe creare questo tipo di alchimia tra istruttori e squadra, che sarebbe fondamentale. Forse avremmo raggiunto l’obiettivo primario dell’anno.”

 

Quanto è importante invece la sinergia con tutte parti delle società e con Emiliano Pontesilli, con cui lavorerai a stretto contatto?
“Lavorare in una società così importante e credere di poterlo fare da solo, in modo autonomo, è impensabile. Inevitabilmente ti devo parlare di sinergie che coinvolgono non solo la segreteria, quella della scuola calcio e in particolare la persona di Franco Pizziconi. Ma coinvolgono anche la segreteria dell’agonistica, basti pensare alle problematiche legate all’organizzazione dei campi. Se non c’è comunicazione tra le segreterie si va in difficoltà. Una sinergia tecnica invece con Emiliano Pontesilli che stimo moltissimo sia come istruttore, sia come uomo, anche perché prima di accettare la proposta del Savio ho avuto un incontro personale con Emiliano in cui ci siamo confrontati e abbiamo travato la giusta sintonia. Ora dovremo continuare a parlare di tantissime cose. Perché a volte sembra che per fare il direttore di una scuola calcio basta divulgare il verbo: “andate e allenate”. Ma non è così. C’è un’organizzazione dietro che se non è meticolosa, da parte da tutte le componenti che coinvolgono la società, a cominciare dal presidente, è impossibile portarla avanti in modo univoco. Per forza di cose ti vai a perdere qualcosa. Quindi sarei un pazzo se scegliessi di agire in modo totalmente autonomo.”

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